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LA BOLLA DEI TULIPANI E I BITCOIN

Lo so, è scontato affiancare la bolla dei tulipani ai bitcoin in un titolo se si vuole porre attenzione sul fenomeno del momento, ma non riesco a trovare altri termini.
Mi preoccupa quando un mio amico mi parla entusiasta dell’investimento in bitcoin dicendomi “Guarda, a gennaio non arrivavano a 1000$ e adesso superano i 10000$!”. Non mi è venuto di meglio che raccontargli della bolla dei tulipani.
O come questo bulbo agli inizi del 1600 diventò uno tra i prodotti più richiesti ed esportati nei Paesi Bassi, il che scatenò una piccola corsa ad accaparrarsi il prezioso bulbo con l’intento di rivenderlo ad un prezzo più alto.
Divenne talmente di moda che iniziarono ad apparire contratti per l’acquisto e la vendita di bulbi a determinati periodi futuri (toh… i futures!).
Il 1636 fu l’apice della speculazione, al punto che raggiunse il picco il 3 febbraio 1637, e dopo iniziò una discesa altrettanto vertiginosa come la salita dell’anno precedente.
Ci fu chi rimise dei soldi e chi ne guadagnò. I contratti futuri non vennero onorati, e chi li sottoscrisse rimase con una pergamena vergata bene, ma dal valore nullo.
Analogie se ne possono trovare, basta vedere nel 2017 l’anno di grazia per i bitcoin.
Ma c’è una differenza sostanziale: uno era un prodotto fisico, l’altro una criptovaluta.
Anche io non sono rimasto immune al fascino della criptovaluta, al punto che quando i bitcoin valevano intorno ai 200$ decisi di aprirmi il mio portafoglio, e scoprii il mondo affascinante del mining.
Salvo che una mattina aprii il mio portafoglio e me lo trovai vuoto!
Avevano hackerato a monte il server.
Da allora ho mantenuto un interesse ludico per le criptomonete, anche perché vi sono molti punti deboli oltre ai danni degli hackeraggi, tra cui il più importante è che se un giorno uno Stato decidesse di metterle al bando queste non potrebbero essere più scambiate perdendo il loro valore.
Ed è quanto sta accadendo con la messa al bando di Cina e Corea delle criptovalute.
Se la Cina ha affrontato il problema drasticamente, vietando l’accesso a siti di trading e scambio di criptovalute, mettendo al bando siti stranieri che consentono pagamenti e scambi in criptovalute, la Corea ha anche ventilato di mettere in atto ciò che viene più temuto dai possessori di criptovalute: la perdita dell’anonimato.
Il bitcoin ha registrato in scia a queste notizie un brusco ridimensionamento, e se altri stati seguiranno l’esempio di Cina e Corea le criptovalute perderebbero anche l’appeal di essere monete sostitutive per il mercato globale, e con esso anche il loro valore.
Quindi il titolo non è del tutto inappropriato, alcuni punti in comune ci sono. I tulipani li conosciamo tutti, non sono spariti, solo il loro valore è ritornato nell’alveo della normalità. Così pure i bitcoin o le altre criptovalute ci saranno ancora. Bisogna vedere se anche il loro valore ritornerà a livelli ragionevoli. Ma questa è una pagina tutta da scrivere. E sulla quale non intendo scommettere.